Diceva il poeta tedesco Felix Dahan: “scrivere un libro è facile, richiede soltanto una penna, l’inchiostro e la sempre paziente carta. Stampare un libro è un po’ più difficile spesso il genio si esprime con una calligrafia illeggibile. Leggere un libro è ancora più difficile a causa della tendenza ad addormentarci. Ma l’impresa più difficile, a cui un uomo possa dedicarsi, è quella di vendere un libro.”
Condividendo totalmente il pensiero del poeta sono sempre ammirato dal successo di autori ed editori che riescono a vendere migliaia di copie di un’opera. La mia ammirazione per il risultato spesso mi fa dimenticare l’analisi dei contenuti e credo che questo comprensibile sentimento sia purtroppo molto condiviso.
Niente come nel caso dei best seller avvalora la tesi di McLuhan: il mezzo è il messaggio. Ciò è talmente vero che ultimamente per lanciare uno di questi best seller seriali dedicato a Silvio Berlusconi si sono diffuse sui vari media numerose anticipazioni del libro che illustravano il pensiero politico del Presidente del Consiglio meglio e più di ogni resoconto parlamentare ufficiale. Il Presidente ci ha spiegato, in questo libro, i suoi progetti, i suoi problemi, le sue frustrazioni e le sue aspettative. Che sia nata una nuova forma di comunicazione politica?
La parola d’ordine potrebbe essere: “ Ditelo con il best seller”. E chi non ha la possibilità di sfruttare quel mezzo non avrà diritto di parola. Semplificheremmo la vita democratica e forse stimoleremmo le vendite dei libri, oggi come ieri molto scarse, nel tentativo di creare best seller a scopo comunicativo.
Sento già la voce dei biechi reazionari che su questa proposta potrebbero obiettare ma dove finirà allora il piacere della lettura solitario intimo, appagante, se sul mercato avremo solo libri-megafono? Dove purtroppo sta già finendo…
Concludo con una citazione di Camillo Sbarbaro che mi sembra si possa adattare alla maggior parte dei best seller, soprattutto quelli seriali: “Si comincia a scrivere per essere noti, si seguita perché si è noti”.
Enrico Iacometti